Domenica 16 novembre 2014 - XXXIII domenica del T.O.

L’appartenere alla luce anziché alle tenebre, al giorno anziché alla notte di cui parla Paolo come pure la beatitudine di chi teme il Signore di cui canta il salmista e il rimanere nell’amore di Gesù Signore che cantiamo al vangelo … tutto questo coincide con le due descrizioni che ci vengono offerte dalla prima lettura e dal vangelo. E’ vero, il brano dei Proverbi descrive la donna forte, la sposa ideale secondo la mentalità del tempo in cui quel libro pieno di saggezza è stato scritto, ma quei tratti possono essere interiorizzati da ognuno di noi, tenendo conto che noi leggiamo le Sante Scritture grazie allo Spirito Santo e in Gesù Cristo nel quale “non c’è più uomo né donna” (Gal 3,28), nel senso che ciò che è proprio dell’uno vale anche per l’altra sul piano del profilo interiore; e la Chiesa, di cui ognuno di noi è membro, è figura femminile, la figlia di Sion del Primo Testamento. Non a caso i mistici e dottori – pensiamo per esempio a s. Giovanni della Croce – anche uomini si percepiscono al femminile di fronte a Gesù Sposo come pure – donne e uomini – si sentono parte viva di Gesù Sposo nei confronti della Chiesa e dell’umanità. Allora quella “donna forte” dobbiamo e soprattutto possiamo scoprirla dentro ognuno di noi nei confronti del Signore: le sue caratteristiche sono soprattutto laboriosità, premura nel dare gioia al Signore facendo ciò che a Lui è gradito, apertura di cuore e generosità verso chi è nel bisogno, attenzione posta in ciò che è duraturo piuttosto che in cose fugaci. Potremmo dire che questo è profilo valido per ogni battezzato perché tutte le Scritture sono buone per edificarci per Cristo con Cristo e in Cristo, nell’unità interiore e fra noi, che è generata dallo Spirito Santo a gloria di Dio Padre. Questo mistero nella liturgia domenicale lo celebriamo in modo ancor più solenne e percepibile che nella ferialità, in cui pure siamo chiamati a viverlo con uguale compattezza. Certamente la prima lettura e il salmo, nella loro stretta connessione, possono essere di aiuto anche per le famiglie che desiderano vivere la loro unione davvero come sacramento in Cristo, ma è giusto che quei tratti oggi vengano interiorizzati dall’uomo come dalla donna.

Anche il vangelo, dicevamo, ci indica con precisione come vivere da figli della luce e del giorno, da beati perché si teme il Signore – cioè lo si riconosce come Dio e lo si vive come vero Signore della propria vita a cui consegnarsi fiduciosamente -, da radicati nell’amore di Gesù: questo modo preciso oggi consiste nella decisione di trafficare “i talenti” ricevuti, non seppellendoli per quella paura di Dio che non coincide affatto con il santo timore di Lui, ma ponendoli in circolazione. Questi talenti, ci viene ricordato, sono innanzitutto il frutto della Parola di Dio seminata in noi (F. Rossi de Gasperis s.j.) e secondariamente anche ciò che abbiamo dentro come ricchezze interiori e, infine, ogni nostra capacità in termini anche di talenti naturali e di mezzi da porre a disposizione del prossimo, della sua crescita e promozione. La parabola ci indica chiaramente che nel Signore non importa averne in dotazione uno o cinquanta o cento, ma importa porre in circolazione quello che si ha e soprattutto che si è. Questo è frutto d’amore: l’amore non può essere trattenuto, ma dev’essere donato, effuso. Noi che adoriamo Dio Trinità possiamo contemplare questo movimento di donazione prima di tutto proprio in Dio, nella cosiddetta pericorèsi (circolazione) della vita trinitaria incessante fra Padre, Figlio e Spirito Santo; poi nella scelta di condividere questa Vita che è Amore nell’opera di creazione con tutte le creature, portando questa condivisione fino all’estremo limite dell’Incarnazione del Figlio e del dono dello Spirito Santo in noi come partecipazione piena alla vita divina immessa dentro le fibre più profonde e intime della vita umana; e quindi, desiderosi di divenire simili a Dio (1Gv 3,2) e parti vive di Lui, questa circolazione diviene compito nostro, nostra più vera e radicale vocazione. Trafficare i talenti, dunque, come opera dell’amore di Dio in noi, come scoprirsi figli della luce. Seppellirli è opera delle tenebre, frutto della paura che si oppone all’amore (1Gv 4,18). Si tratta dell’unico trafficare davvero luminoso, ben lontano dai nostri traffici a volte molto terreni per lucrosi investimenti. Altrove per esempio Gesù lo esprime attraverso l’invito a farci amici con le disoneste ricchezze, perché coloro che sono beneficati ci accolgano nelle dimore eterne (Lc 16,9. Cfr. il commento in questa bellissima pagina delle Clarisse di s. Agata: http://www.clarissesantagata.it/archiviobriciolelectio/31_to/31_to_sabato_lc16,9_lamamonadellericchezze.pdf). Si tratta dunque di attenzione a una condivisione tanto calma e pacificata quanto incessante di beni materiali e di ricchezze interiori, nel desiderio di scoprirci tutti insieme, tutti come ciascuno, figli della luce, figli del giorno, figli di Dio Trinità e Amore (A. Jori).

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