DOMENICA 5 OTTOBRE 2014

XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)
Is 5,1-7   Sal 79   Fil 4,6-9   Mt 21,33-43: Darà in affitto la vigna ad altri contadini.

 

Un elemento rilevante della profezia di Isaia, al punto che sembra quasi illuminarsi quando gli occhi passano sopra e dentro il testo, è che il profeta parla del padrone della vigna come del suo diletto; per il quale oltretutto canta il suo canto d’amore finché a un certo punto diventa arduo distinguere se a parlare è il custode della vigna o il profeta che canta al suo diletto. E questo canto d’amore non può disgiungersi dal dolore per la rovina verso cui la vigna sta andando: è proprio dell’amore il soffrire per gli amati. L’amore scava dentro chi ama sorgenti di vulnerabilità per chi si ama. Così in un solo passo scopriamo che il custode della vigna, il Signore stesso, è pieno d’amore fino a essere amore egli stesso (1Gv 4,8.16); e che il profeta, per essere tale, è legato a Lui da un legame di unione così intimo che è impossibile distinguere ciò che è dell’uno e dell’altro. Come prega Gesù: “Che siano tutti una cosa sola, Padre, come io in te e tu in me, così anch’essi siano una cosa sola come noi, in noi” (Gv 17,1ss.). E come Gesù dice alla sua Teresa d’Avila, che ha vissuto nei confronti di Gesù una relazione simile a quella che oggi vediamo risplendere in Isaia col Signore: “Con questo chiodo che ti consegno io ti rendo mia sposa: d’ora in avanti ogni cosa tua è mia e ogni cosa mia è tua”. “Canterò per il mio diletto un cantico d’amore per la sua vigna”: per la vigna che è del custode, ma che diviene anche del suo amico profeta in un unico canto d’amore, che include il dolore per la sua sorte rovinosa alla quale la vigna stessa si è condannata per non essersi presa cura degli oppressi, per aver versato sangue innocente. Come profetizza efficacemente un profeta cosiddetto minore, interamente da leggere e magari proprio oggi perché si occupa proprio di questa vigna del diletto, della sua corruzione e della sua correzione: “Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la bontà, camminare umilmente con il tuo Dio (Mi 6,8).

Anche il vangelo, con la parabola dei vari servi di Dio inviati nella vigna e di volta in volta rigettati, perseguitati, uccisi fino all’invio del figlio rigettato e ucciso lui pure, ci trattiene dentro a questa meditazione sulla vigna. Dev’esserci chiaro che la vigna simboleggia a diversi strati successivi il popolo che il Signore si è scelto e ha chiamato: nella prima alleanza, nella seconda come chiesa e poi come umanità intera. La corruzione e la devastazione che ne consegue passa dentro a ognuno di questi strati e ciascuno è invitato a emendarsi, a ritornare verso Dio ascoltando il figlio, che a sua volta ricapitola in sé l’annuncio recato da ognuno dei servitori e amici precedenti.

Quindi la chiamata a conversione è per tutti e ciascuno, l’esigenza di purificarsi e ritornare a Dio con tutto il cuore riguarda tutti e ciascuno da vicino, intimamente; la cura della vigna, l’annuncio profetico da recare a essa è consegnato al figlio e a chi al figlio si unisce con un legame d’amore, al punto che ogni cosa del figlio diventa propria, partendo dall’amore di dilezione con cui si ama lui e la sua vigna. Se non si vive radicati in questo sentimento profondo e inestirpabile d’amore per il diletto custode della vigna e per la vigna stessa, la cura della vigna sarà data ad altri, partendo proprio dalle pietre scartate dai costruttori, che divengono pietre angolari: come ha fatto il Padre ponendo come pietra angolare di tutto il suo tempio santo quel figlio del suo amore che è stato scartato dai suoi e che altri invece hanno riconosciuto e adorato.

Le indicazioni che ci dà Paolo possono costituire dei veri e propri esercizi spirituali da compiere lungo il giorno e nella settimana, tendenti a fare pulizia nella vita interiore, fin dentro i pensieri: senza diventare ieratici e disincarnati, ma con tutto il bagaglio della propria umanità, di quella passionalità che caratterizza Paolo per primo, l’invito è a coltivare ciò che è puro e santo, amabile e onorato: stupende espressioni, che ci rivelano ciò che abita in Paolo, perché la bocca rivela il cuore. La vigilanza sui sentimenti e sui pensieri non è cosa inutile, al contrario è necessaria per vivere una vita che irradi seppur dolcemente e a volte sommessamente luce d’amore e pace da condividere.

E un’ulteriore indicazione ci fornisce Paolo per chi nella sua vita dà spazio alla preghiera d’intercessione: viverla con pace, senza ansietà, affidando a Dio con ordine e fiducia piena tutte le intenzioni che portiamo nel cuore per le nostre necessità e soprattutto per quelle dei nostri fratelli, dei più piccoli e indifesi, da porre per primi davanti allo sguardo del Signore, come tenendoli in braccio in modo che Egli possa vedere prima di tutto loro e dopo noi (A. Jori). 

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