Domenica 20 settembre 2015 - XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
Sap 2,12.17-20 Sal 53 Giac 3,16-4,3 Mc 9,30-37: Il Figlio dell’uomo viene consegnato… Se uno vuole essere il primo, sia il servitore di tutti.
Alla violenza tramata dagli empi descritta dall’autore del libro della Sapienza in modo così intenso e puntuale da divenire testo universale che vale per tutti i tempi e luoghi, Gesù risponde con le parole del vangelo: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Risponde quindi Gesù con l’unità profonda di quello che sarà il suo mistero pasquale: la verità abissale della sua morte ignominiosa di croce con i tormenti che l’hanno preceduta e quella altrettanto vera, attestata dall’esperienza diretta di testimoni oculari, della sua risurrezione. Con Gesù per lui e in lui la risposta a una persecuzione tendenziosa, inflitta con la malizia di mettere alla prova, con l’arrogante atto di sfida di chi si percepisce impunito, è quella di consegnarsi senz’altre resistenze che una parola profonda, di verità, mediante la quale i persecutori abbiano la possibilità di guardarsi dentro, analogamente a quando Gesù stesso salva l’adultera con quel ben noto e splendido: “Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei” (Gv 8,7). La risposta di Gesù è tanto inerme quanto profonda, di quelle profondità che scavano dentro se ci si rende disponibili, trasformando chi la accoglie in sorgente zampillante in eterno (Gv 4,14). Notiamo che questa risposta di questo Gesù è insieme consegna alla morte e certezza della risurrezione. Il giusto del Signore risponde così e, ancorché sofferente, sereno. Non è che l’incomprensione non costi, che la violenza non faccia male, che l’arroganza non ferisca per la chiusura al dialogo che esprime e per la posizione di menzogna in cui pone chi la pratica: ma dentro a tutto questo dolore interiorizzato, il giusto perseguitato del Signore permane nella serenità che fluisce senza mediazioni da Dio Fonte di luce e pace. Quella stessa serenità è ciò che rende possibile assumere in grata gioia il progetto proposto da Gesù di farsi “ultimi e servitori di tutti”. Gesù propone l’inversione totale della mentalità mondana, indicata dal bimbo posto nel mezzo (oggi alcuni lo sono, ma fin troppi bimbi no). Secondo l’efficacissima versione lucana, il discepolo amico di Gesù dovrebbe vivere irradiando dalla propria persona, con profondissima profumata dignità questo messaggio: “Ecco, io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22,27).
Sul brano della lettera di Giacomo si potrebbe spendere tranquillamente una giornata di ruminazione personale intera: è diviso in due passi, di cui il primo è una descrizione mirabile, dal ritmo incalzante eppur pacifico, della sapienza e questo colpisce perché se in genere le seconde letture delle liturgie domenicali seguono un percorso loro di lettura quasi continua delle lettere apostoliche, qui oggi c’è una convergenza splendida sulla Sapienza. Ricordiamo che nella lettura patristica delle Scritture la Sapienza è il Verbo e il Verbo è il Figlio. Rileggiamo allora più volte questo primo passo: “dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni. Invece la sapienza che viene dall’alto anzitutto è pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera. Per coloro che fanno opera di pace viene seminato nella pace un frutto di giustizia”. Gelosia e contesa generano ogni sorta di agitazione, malcontento perenne, l’opposto della pace che dovrebbe essere l’opera prima e costante del discepolo di Gesù. Mentre la sapienza, anzi la Sapienza, perché “viene dall’alto”, è altro: pura, pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera … Questo lo scrive Giacomo apostolo in un testo ispirato delle Sante Scritture, verso cui le nostre vite sono chiamate a convergere e convertirsi ogni giorno. Il secondo passo di Giacomo è una proposta d’introspezione, di lavoro dentro la coscienza personale e comunitaria, che potrebbe dilatarsi anche per l’intera settimana. Rileggiamolo: “Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni”. Un’ipotesi di lavoro forte, da seguire passo su passo, respiro su respiro. Se noi cessiamo di tormentarci interiormente cercando con chi competere, poniamo invece mente e cuore nella pace e chiediamo, ma chiediamo lo Spirito Santo primo e pressoché unico dono da chiedere senza sosta … allora è certo per noi e in noi il frutto di pace, d’interiorizzazione della “Sapienza che viene dall’alto” e che ci insegna a vivere come Gesù, “come colui che serve” (A. Jori).